ASPETTI COMPARATIVI DEL CARNEVALE DI COMELICO SUPERIORE

 

Si è ormai delineata piuttosto chiaramente la struttura del Carnevale di Comelico Superiore e le caratteristiche delle Maschere tradizionali.

In questo capitolo mi propongo di confrontare la Mascherata di Comelico con i rituali carnevaleschi di altre località. Ho limitato questa comparazione ad alcune località dell'arco alpino dove recenti studi hanno evidenziato l'esistenza di Carnevali tradizionali.

Ho privilegiato le zone che sono, o sono state ladine fino a tempi non troppo remoti anche se, per singoli casi, ho spinto il confronto anche a zone più lontane.

Scopo di questo capitolo, pertanto, è quello di delineare un primo quadro comparativo evidenziando le analogie che esistono tra il Carnevale di Comelico Superiore e quello delle località prese in esame.

Da questo confronto risulterà evidente come la tradizione carnevalesca comelicese trovi riscontri, più o meno puntuali, con quella delle località da me esaminate, sia per quel che riguarda la struttura complessiva sia per i singoli elementi.

In questa fase comparativa, oltre al materiale bibliografico selezionato tra i lavori più recenti, mi sono avvalsa anche di una serie di documentari su Carnevali tradizionali prodotti negli ultimi anni.

Per una maggiore chiarezza espositiva, ho diviso il capitolo in due parti: nella prima esamino le analogie a livello della struttura complessiva mentre nella seconda la comparazione riguarda più specificamente alcune Maschere particolari ed i loro tratti peculiari.

 

1. Aspetti comparativi della Mascherata di Comelico Superiore

Si è visto che una delle caratteristiche del Corteo carnevalesco di Comelico Superiore è la divisione delle Maschere che lo compongono in due categorie contrapposte.

Una tale struttura è presente in molti altri contesti carnevaleschi.

In Val di Fassa, zona attualmente ancora ladina in provincia di Trento, le Maschere carnevalesche si dividono nelle due grandi categorie dei "belli" e dei "brutti" (Poppi, 1981).

Al pari di Comelico Superiore, anche in Val di Fassa i due gruppi raccolti in coppie, un uomo e una donna, sfilano assieme nel Corteo, sebbene ad una certa distanza l'uno dall'altro; le caratteristiche proprie di ogni gruppo sono date principalmente dalla maschera facciale la quale, tra l'altro, rappresenta sempre un viso umano.

Le maschere dei "belli" rappresentano per lo più volti giovanili mentre quelle dei "brutti" volti di vecchi.

L'appartenenza all'uno o all'altro gruppo comporta un diverso atteggiamento; le due categorie, quindi, si oppongono riguardo al costume, alla gestualità ed al comportamento. Le Maschere dei "brutti" sono portatrici di una gestualità cialtronesca e goffa ed inscenano parodie del quotidiano lavoro agricolo ed artigianale.

In Val di Fassa, tratti tipici della propria tradizione carnevalesca sono oggi rivissuti come rievocazioni del proprio passato ed assolvono nuove funzioni1) inserendosi nel processo di affermazione della propria identità ladina (Poppi, 1981).

Sempre secondo quanto ricorda Poppi (1983) negli ultimi tempi c'è stato un declino delle Maschere "da bella"; questo gruppo è quasi completamente scomparso lasciando il campo alle Maschere "da brutta". Ciò nonostante, ai locali è sempre presente la distinzione tra i due gruppi2).

La presenza nel Corteo carnevalesco di Maschere "belle" e Maschere "brutte" è attestata anche in alta Val di Cembra, non distante dalla Val di Fassa, e precisamente nella Mascherata di Montalbiano (Morelli, 1979).

Qui le Maschere "belle" sono rappresentate dagli sposi e dal corteo nuziale preceduto dagli Arlecchini.

I tratti grotteschi sono invece riassunti dai Pa­gliacci che indossano maschere di legno dai caratte­ri intenzionalmente deformi e sono vestiti secondo le forme più bizzarre e strampalate; in passato facevano la pantomima dei lavori quotidiani.

Sempre in Trentino, le Maschere "da bella" e "da brutta" comparivano in Val di Fiemme (Baiocco, 1980).

La presenza di un Corteo composto da Maschere belle e brutte è attestato anche a Termeno - Tramin in provincia di Bolzano (Pasi, 1986: 68).

Un'organizzazione del rituale carnevalesco basato sulla contrapposizione di due categorie di Maschere è presente a Bagolino, piccolo centro della montagna bresciana. Secondo quanto riferisce Sordi (1976) la opposizione qui è tra un gruppo di "belli", localmente chiamati "ballerini" e un gruppo di "brutti", localmente chiamati "mascheri".

In questo caso, però, le due categorie di Maschere non si ritrovano insieme nello stesso Corteo bensì ogni gruppo dà vita ad un proprio Carnevale, dai tratti ben distinti.

La contrapposizione tra i due tipi di Maschere è molto evidente e riguarda non solo l'abbigliamento, compreso i diversi modi di preparazione del costume ed il rituale della vestizione, ma anche il comportamento e la gestualità. I "ballerini" che eseguono una serie di danze hanno un comportamento elegante e composto, i costumi sono preparati appositamente per la Mascherata e le maschere facciali sono serene ed impersonali3).

Il gruppo dei "mascheri" invece è caratterizzato da un comportamento casuale e sfrenato; il loro incedere è sottolineato dal forte rumore provocato dagli zoccoli di legno, strusciati sul selciato4); per il mascheramento si adottano vecchi abiti usati e le maschere sono grottesche e deformi.

Anche a Schignano, paese della montagna lombarda in provincia di Como, la struttura del Carnevale si basa essenzialmente sulla presenza di gruppi di Maschere contrapposte (Sordi, 1978). Anche qui la contrapposizione si esplica in ogni aspetto del travestimento e del comportamento: il costume dei "belli" è realizzato dalle donne di famiglia con oggetti preziosi, fazzoletti, elementi del costume femminile5), le maschere facciali sono serene, realistiche, il comportamento è cortese. In mano hanno oggetti eleganti, decorativi e fondamentalmente inutili.

Al contrario, i "brutti" indossano abiti rattoppati, vecchie tute adattate all'ultimo momento e spesso si ricoprono di pelli di pecora; le maschere facciali sono impressionanti, spesso orride: rappresentano volti dai tratti umani deformati ed in più sono sormontate da corna di animali, collocandosi, così, a metà tra un volto umano ed uno animalesco6). Il comportamento è aggressivo, i movimenti sfrenati e scomposti. In mano hanno oggetti che rientrano nella categoria del ripugnante o dell'utilitario. I "belli" ed i "brutti" a Schignano partecipano insieme alla Mascherata, ignorandosi completamente per tutta la durata del Corteo.

Secondo l'interpretazione data dagli stessi abitanti, tale opposizione a Schignano è utilizzata per rappresentare una contrapposizione di natura sociale: i "belli" e i "brutti", infatti, risultano essere rispettivamente i ricchi ed i poveri (Sordi, 1978).

In Friuli, nelle località di Collina e Frassenetto, vi erano due schiere di personaggi: quelli "da brutto" con maschere di legno, pelli di animali, campanacci, scope ed erano seguiti da capre7).

Quelli "da bella" erano vestiti di bianco, con un copricapo vistoso, guarnito con nastri ed ornamenti e ricoperto con un velo di tulle che scendeva anche sul viso (Nicoloso Ciceri, 1982: 701).

A Timau, sempre in Friuli; esistono due tipi di Maschere: i "màscars" che hanno campanacci ed un bastone da pastore8); un tempo portavano maschere di legno. Il loro comportamento è aggressivo, fanno ogni tipo di sberleffi ed inseguono la gente per catturarla e farsi pagare da bere.

Ci sono poi i "Jutalàn", cioè le Maschere belle; gli sposi, vestiti soprattutto di bianco, con fazzoletti colorati che pendono dalla cintola e nastri fissati al cappello. Il volto è velato (Nicoloso Ciceri, 1982: 700)9).

Il principio strutturale che vede la contrapposizione di due gruppi di Maschere è presente anche nelle Alpi svizzere ed austriache.

Famoso è il Carnevale di Urnasch nell'Appenzell, in Svizzera, in cui compaiono i Silvester Klause.

Vi sono due tipi di Silvester Klause: gli uni indossano abiti femminili della festa, di velluto, con pizzi e merletti; sul volto hanno una maschera di cuoio dal fondo bianco e con le gote rosse. Complemento essenziale del loro costume è l'enorme copricapo, sul quale sono costruite in rilievo scenografie in miniatura che rappresentano paesaggi e scene di vita quotidiana.

Il costume dell'altro gruppo di Klause è ottenuto con elementi vegetali10) quali scorze, aghi di abete, muschio, pigne; le maschere facciali sono per lo più ricavate dalla corteccia degli alberi (Barde, 1977, filmografia).

La presenza di categorie di Maschere contrapposte è attestata anche nei Carnevali tirolesi (Poppi, 1983).

Anche da questa breve rassegna che ho proposto, risulta evidente come la struttura basata sulla contrapposizione di due gruppi diversi di Maschere sia notevolmente diffusa nei Carnevali tradizionali.

In alcuni casi il contrasto tra le due categorie di Maschere è ad un livello molto superficiale. In altri, invece, la contrapposizione è molto più profonda ed è portata ad un livello tale di elaborazione per cui le Maschere si oppongono non solo a livello di abbigliamento ma anche sul piano del comportamento e della gestualità: tutti gli elementi che compongono il costume e tutti gli atteggiamenti dei mascherati risultano funzionali a tale contrapposizione.

Quasi sempre la contrapposizione, per lo meno nella struttura originale, è tra un gruppo di Maschere i cui caratteri fondamentali, al di là delle particolarità proprie di ogni zona, risultano essere la bellezza, l'eleganza, la gentilezza e, quasi sempre, la giovinezza. Spesso questo gruppo è indicato semplicemente come il gruppo delle Maschere belle, ma può avere anche un nome proprio.

Più complessa e più varia è, al contrario, la composizione del gruppo che si oppone al precedente. Spesso si tratta di Maschere che rappresentano personaggi goffi, sgraziati e dal comportamento sfrenato, scomposto, fondamentalmente brutti; a Comelico Superiore questo gruppo viene chiamato "da vecchia" poiché rappresenta figure di vecchi ma anche altrove, dove pure la denominazione è diversa, le Maschere risultano essere molto spesso figure di vecchi.

Si tratta in questi casi, comunque, di Maschere che, per quanto brutte e deformi, rappresentano sempre figure umane.

In altri casi, invece, in questo gruppo vi sono figure che sono al limite dell'umanità e spesso sono presenti personaggi che racchiudono in sé elementi umani e tratti animaleschi. Tali mascheramenti molto spesso ricordano chiaramente i tratti tipici della figura dello "Uomo selvaggio"11).

Molto spesso alla contrapposizione estetica "bello-brutto" si affianca, seguendo in ogni zona sviluppi propri, una contrapposizione morale: i belli sono attraenti e sono anche i buoni mentre i brutti sono repellenti e rappresentano anche i catti

Si è visto anche come in alcuni casi tale contrasto sia utilizzato per esprimere contrapposizioni sociali (Schignano).

Quali che siano gli sviluppi propri di ciascun rituale carnevalesco, la contrapposizione tra categorie di Maschere che, ai vari livelli, si oppongono l'una all'altra, risulta essere, dunque, un principio strutturale fondamentale di molti Carnevali tradizionali.

Secondo alcuni autori (Sordi, 1982: 30) in tale dicotomia si risolve virtualmente l'elemento della lotta, della violenza che è da sempre indicato come una delle costanti del Carnevale. In questi casi, la semplice successione di gruppi contrapposti rappresenta formalmente quel contrasto che in altre strutture carnevalesche può risolversi in forme più dirette.

Un altro elemento tipico della tradizione carnevalesca di Comelico Superiore, che trova puntuali riscontri in altri Carnevali della zona da me presa in considerazione per la comparazione, è l'aspetto itinerante della Mascherata attraverso le frazioni vicine e la visita del Corteo nelle case, soprattutto in quelle abitate da ragazze da marito12).

Come si è visto, a Comelico Superiore quest'ultima usanza è ormai sparita e lo stesso è accaduto in altre località; in altre ancora la Mascherata ha perso il carattere itinerante di paese in paese.

In Val di Fassa, in passato, la Mascherata era portata nei paesi della vallata ed i balli si svolgevano all'interno delle case. Attualmente solo nel paese di Penia, Laké e Bufon, i personaggi più importanti del Carnevale, portano di casa in casa fino al paese di Alba, l'annuncio della Mascherata; tali case sono abitate da donne di qualsiasi età (Poppi, 1981 e 1983: 192).

A Montalbiano, in alta Val di Cembra, la Mascherata è portata in visita nei centri limitrofi; in ogni paese viene ripetuto un complesso cerimoniale.

Prima di spostarsi in un'altra località la visita si conclude con balli sia in strada sia nelle case.

Ogni paese ricambia poi la visita a Montalbiano con la propria Mascherata; fra questi paesi è sottintesa una gara amichevole nel mostrare i costumi più belli (Morelli, 1979).

La Mascherata in passato si concludeva definitivamente in una casa privata con balli ai quali venivano invitate tutte le ragazze da marito del paese13).

In passato a Grauno, sempre in alta Val di Cembra, i coscritti, ai quali è ancora affidata l'organizzazione complessiva del Carnevale, si recavano nelle case delle ragazze da marito. Accompagnati dai suonatori i ragazzi entravano in ogni casa dove era loro concesso fare due o tre balli; al termine, prima del commiato era offerto del vino (Morelli, 1980, filmografia).

In Val di Fiemme è notevolmente attestata l'usanza dei mascherati di recarsi nelle case del paese (Baiocco, 1980).

Anche a Schignano la Mascherata è itinerante; il percorso è fissato dalla tradizione e consente di visitare tutte le frazioni del paese. I mascherati entrano nelle case e fanno alcuni balli spesso assieme agli ospiti (Sordi, 1978).

Secondo quanto riferisce Sordi (1977) anche alcune Mascherate che si svolgevano in Val Brembana visitavano i paesi limitrofi ed, inoltre, i mascherati si recavano nelle case dove veniva offerto loro del vino.

Anche i Silvester Klause, i personaggi del Carnevale di Urnasch, compiono diversi chilometri per visitare una per una le case nei dintorni del paese. Ogni volta vengono accolti dai proprietari e viene loro offerto del vino caldo (Barde, 1977, filmografia).

Come si vede, dunque, la tradizione delle Mascherate carnevalesche di recarsi in visita nei paesi vicini è attestata in diverse località.

Generalmente i paesi limitrofi sono legati da un rapporto di reciprocità per cui si scambiano le visite. Sovente avviene anche che tra queste località si instauri una rivalità, più o meno forte, per chi realizzi il miglior Corteo.

Ancora più diffusa risulta essere, soprattutto nel passato, la visita delle Maschere nelle case14). Si tratta di un momento particolare nella vita di tutti i giorni in cui le case private si aprono al chiassoso gruppo di Maschere.

In alcuni casi si è visto che le case prescelte sono quelle in cui risiedono ragazze da marito o comunque donne.

Poiché quasi ovunque i Cortei tradizionali sono, o erano formati quasi esclusivamente da uomini, risulta evidente che il Carnevale è il periodo che permette una momentanea interruzione, o per lo meno un allentamento delle norme che, soprattutto un tempo, regolavano rigidamente i rapporti tra i due sessi; si configura pertanto come un'occasione di corteggiamento rituale.

Secondo Italo Sordi (1982: 23) proprio questa particolare funzione dei Cortei carnevaleschi spiegherebbe l'esclusione delle donne dal Corteo; cioè le donne sono escluse dai mascheramenti perché risultano essere le vere destinatarie del Carnevale.

Come si è visto, l'abitudine da parte delle Mascherate di recarsi nelle case private è uno degli elementi tradizionali che più sono caduti in disuso negli ultimi tempi in gran parte dei rituali carnevaleschi in cui tale consuetudine era presente. Vi possono essere diversi motivi che spieghino la scomparsa di questo tratto caratteristico ma ciò è da porsi, innanzitutto, in relazione al mutamento dei costumi, avve­nuto anche nelle società più tradizionali ed isolate; per questo motivo il Carnevale ha perso, più o meno completamente, la sua importanza come occasione di corteggiamento rituale15).

 

2. Aspetti comparativi delle Maschere tradizionali di Comelico Superiore

Si è visto che a Comelico Superiore sono presenti il Laké ed il Matazìn.

Maschere molto simili nell'aspetto, con funzioni analoghe e con nomi uguali oppure diversi, sono presenti in diverse località dell'area presa in considera­zione per la comparazione.

Il Laké compare in Val di Fassa (Poppi, 1981). E' una figura elegante e prestigiosa. Il costume è formato da un abile montaggio di pezzi del costume maschile e femminile. In testa ha un cappello adornato con fiori, al centro vi è uno specchio e, sopra, la coda del Gallo Forcello. Lunghi nastri fissati sul copri­capo ricadono lungo la schiena del Laké. I nastri e altri oggetti preziosi erano, in passato, prestati dalle ragazze del paese.

Nella mano destra ha uno scettro, una mazza di legno adorna di nastri colorati a simboleggiare il suo non comune potere; nella sinistra ha un delicato fazzolettino.

Il Laké è a capo del Corteo e responsabile dell'andamento della festa e del comportamento del suo seguito. In mano aveva una maschera dall'ambiguo carattere di giovane asessuato; è "una Maschera non mascherata" (Poppi, 1976) non essendo usanza del Laké, unica fra tutte le Maschere, coprirsi il viso; risulta pertanto una figura mediatrice fra il pubblico e le Maschere stesse.

Il Laké, a sottolineare il suo carattere particolare, procede sempre di corsa o a passo di danza.

A Fassa, il Laké era sempre impersonato da un coscritto16) e doveva essere celibe.

La presenza del Laké è attestata anche in Val di Fiemme dove compare pure il Matazìn.

Secondo quanto riporta Baiocco (1980) il Laké ed il Matazìn, impersonati da coscritti, compaiono a Carano nel "Banderal"17). Compito del Laké è quello di precedere il Corteo danzando e saltellando. E' vestito prevalentemente di bianco, ha un copricapo da cui scendono trine e nastri colorati. L'abito è disseminato di sonaglini.

Sempre nel "Banderal" tra gli altri personaggi compare anche il Matazìn, caratterizzato da un abbigliamento simile a quello del Laké, molto elegante, ricercato ed arricchito da oggetti preziosi e fazzoletti variopinti18). I gioielli, i nastri ed i fazzoletti erano dati in prestito dalle ragazze del paese. Il Matazìn precede il Corteo ed ha la funzione di cerimoniere (Baiocco, 1980: 226).

Il Matazìn compariva inoltre con le stesse caratteristiche in altri paesi della Val di Fiemme, anche al di fuori della tradizione del "Banderal"; a Tesero e a Lago accompagnava anche i mascherati nelle case garantendo del loro comportamento; esercitava in tal modo anche una funzione di controllo; il Matazìn aveva sempre il volto scoperto.

In Val di Fiemme troviamo dunque dei personaggi che, oltre ad avere il medesimo nome di quello delle Maschere presenti a Comelico Superiore, hanno lo stesso aspetto e funzioni risultando estremamente eleganti e raffinati, dai modi gentili, e con il compito di guidare il Corteo.

Si hanno notizie più o meno precise sulla presenza del Laké in rituali carnevaleschi anche per altre località: sempre in Trentino, a Coredo in Val di Non, numerosi Laké compaiono nel corso di una danza e risultano essere prevalentemente dei seduttori di giovani (Baldin, 1972).

In Friuli, nel Carnevale di Collina e Frassenetto che è già stato preso in considerazione nel paragrafo precedente, la figura più caratteristica era il "leché" tutto vestito di bianco e con un cappello la cui descrizione è imprecisa; nella mano destra teneva un bastone che batteva al suolo annunciando l'entrata delle coppie mascherate (Nicoloso Ciceri, 1982: 701).

Al di fuori dell'area da me presa in considerazione per la comparazione, si ha notizia della presenza del Laké, tra l'altro, nell'Appennino emiliano; a Benedello, in provincia di Modena, risulta essere il responsabile del resto del Corteo (Baruffi, 1982).

La presenza del Laké è attestata anche in Toscana, dove compariva vestito di bianco e con un berretto rosso (Toschi, 1976: 191).

Le figure che ho trattato fino ad ora, dunque, non solo sono simili a quelle presenti in Comelico per l'aspetto e per le funzioni ma hanno anche lo stesso nome.

Nell'area presa in considerazione sono presenti, tuttavia, Maschere che pur avendo un nome diverso hanno notevoli riscontri con il Laké ed il Matazìn di Comelico Superiore; le analogie riguardano sia il costume sia il ruolo ricoperto nell'ambito del rituale carnevalesco.

E' questo il caso degli Arlecchini di Montalbiano, in alta Val di Cembra. Come descrive Morelli (1979), il costume di questi Arlecchini è fondamentalmente bianco ma ricoperto in lungo e in largo di nastri colorati, pizzi, ricami, fiori di stoffa; sulle spalle sono fissate stole di seta o scialli colorati. Il cappello è alto, a forma conica; il fondo è bianco, ornato di nastri, fiori e sete colorate.

Il compito degli Arlecchini è quello di precedere il Corteo ballando e facendo inchini. Attualmente hanno il volto scoperto anche se si ha notizia che in passato avessero sul viso una maschera dai tratti molto delicati, quasi femminili.

Come si vede, dunque, è una figura positiva che ha notevoli riscontri con il Laké ed il Matazìn di Comelico Superiore.

Nelle zona sono però presenti anche Maschere che, pur presentando notevoli punti di contatto per quanto riguarda il costume, si diversificano notevolmente dalle Maschere positive, che ho fin qui trattato, per il loro ruolo svolto all'interno della struttura carnevalesca.

A Predazzo e a Carano in Val di Fiemme il costume dello Zane presenta delle caratteristiche che ricordano quelle del vestito del Matazìn di Fiemme il quale, a sua volta, come si è visto in precedenza, ha notevoli somiglianze con il Matazìn presente in Comelico ed anche con l'Arlecchino di Montalbiano.

Secondo quanto riferisce Baiocco (1980), basandosi anche su descrizioni risalenti ai primi del secolo, lo Zane era vestito elegantemente: a Predazzo indossava una gonnellina bianca ed una camicia bianca entrambe guarnite con pizzi ed altri ornamenti; in vita una cintura con sonagliera. Sul capo aveva un turbante con catenelle e medaglie.

A Carano aveva una tunica a due colori e dietro scendeva una campanella; il cappello era conico e dalla punta ricadevano nastri, piume di gallo ed altri ornamenti.

Come si vede, dunque, il costume dello Zane non differisce sostanzialmente da quello del Matazìn19).

Se però prendiamo in considerazione il ruolo svolto da questo personaggio all'interno della struttura carnevalesca, appare immediatamente la differenza tra le due Maschere: lo Zane ha funzione trasgressiva al contrario del Matazìn che, si è visto precedentemente, ha sempre funzione di cerimoniere (Baiocco, 1980: 229). In questo caso dunque lo Zane, pur non differenziandosi nell'aspetto, agisce come la controparte del Matazìn.

In altri paesi della Val di Fiemme lo Zane appare invece come la esatta controparte del Matazìn.

A Tesero e a Lago, infatti, lo Zane è una Maschera brutta, vestita con abiti stracciati, spesso ricoperti di pezzetti di stoffa colorata. In testa ha un berretto a punta. Il viso è sporcato di fuliggine, spesso ha barba finta e baffi disegnati.

Anche in queste località lo Zane ha funzione trasgressiva: bagna, sporca, picchia gli spettatori.

Ha un comportamento maleducato ed usa un linguaggio volgare (Baiocco, 1980). Lo Zane è pertanto la controparte aggressiva e brutta del gentile e raffinato Matazìn di Fiemme.

Anche a Montalbiano troviamo una controparte dell'elegante Arlecchino: il Matòcio.

E' questa una figura grottesca, cammina in modo irregolare, con movimenti strani ed improvvisi. Ha sul viso una maschera di legno dai tratti marcati. Ogni maschera è diversa dall'altra ma quasi tutte hanno ben evidenti il particolare dei baffi e della barba, a volte ottenuti con pelo di animale.

Il costume è costituito da un abito comune sul quale sono applicati svariati pizzi, nastri colorati, fiocchi, coccarde. La schiena è coperta da uno scialle colorato. Il copricapo è tutto rivestito di nastri colorati, fiori e da un fascio di nastri che pendono dietro il cappello. In mano ha un bastone di legno ricoperto di nastri colorati e terminante con una punta di ferro (Morelli, 1979).

Come si vede, dunque, il Matòcio a Montalbiano è una Maschera grottesca, il cui comportamento è in contrasto con quello raffinato dell'Arlecchino.

Anche il costume risulta, in modo evidente, più scadente e più goffo di quello dell'Arlecchino, in altri termini più brutto.

A mio avviso, tuttavia, il Matòcio di Montalbiano non va considerato come una esatta controparte negativa del locale Arlecchino; il contrasto tra le due Maschere, cioè, non è a livello di quello, che ho riferito più sopra, esistente tra lo Zane ed il Matazìn a Tesero e a Lago in Val di Fiemme: non solo perché il costume del Matòcio ha alcuni elementi20) che ricordano quello del Matazìn, come accade anche nella versione positiva dello Zane a Carano e Predazzo, ma soprattutto per il ruolo svolto dal Matòcio nella struttura carnevalesca.

Il Matòcio, infatti, pur risultando più sgraziato e scomposto dell'Arlecchino, non ha un comportamento aggressivo e violento. Egli rappresenta il conduttore del Corteo mascherato, il quale può entrare nel paese solo dopo che il Matòcio ha risolto il cosiddetto "contrèst" con gli abitanti locali che ne vorrebbero impedire l'ingresso (Morelli, 1979).

Per di più, in passato, compito del Matòcio era quello di trovare nel paese una casa che potesse ospitare tutto il Corteo per il ballo finale; spettava poi al Matòcio invitare a questo ballo le ragazze da marito del paese, chiedendo il permesso ai genitori (Morelli, 1980: filmografia).

Per tutte queste caratteristiche, dunque, pur considerando il Matòcio una figura in contrasto con l'Arlecchino, che in questo contesto risulta essere la Maschera bella e gentile per eccellenza, non ritengo il Matòcio una figura completamente negativa.

In un certo senso il Matòcio di Montalbiano, ed anche lo Zane di Carano e Predazzo (pur se la situazione qui è esattamente rovesciata), possono ricordare il caso della Matazèra di Comelico: infatti, per la Matazèra ho parlato di parziale controparte negativa del Matazìn.

E' bene ricordare, però, che la Matazèra è sorta in tempi recenti con la precisa intenzione di creare una guida per le Maschere "da vecchia"; il suo ruolo, pertanto, è legato esclusivamente a questo gruppo, mentre le Maschere che ho trattato qui non risultano avere una tale limitazione.

Prima di passare ad alcune riflessioni sulla presenza di questo tipo di Maschere nei Carnevali esaminati, vorrei ricordare che la figura dell'Arlecchino è presente anche in Val di Fassa.

A Moena gli Arlecchini hanno il volto velato, sono violenti ed aggressivi, precedono il Corteo frustando gli spettatori (Poppi, 1981: 73).

Sempre in Val di Fassa, però, in occasione della "Baschia"21) compare un altro tipo di Arlecchino, molto diverso dalla Maschera dai chiari tratti infernali che compare nel Carnevale di Moena (Poppi, 1985: 155-160).

Un personaggio presente nel Carnevale della Val di Fassa che ricorda l'abbigliamento del Laké e del Matazìn di Comelico è il Bufon.

Il costume di questa Maschera risulta molto simile a quello del Laké locale: il fondo è bianco ma sopra vengono sistemati scialli colorati e merletti. Il cappello conico è completamente ricoperto di fiori, sul vertice vi sono penne di Gallo Forcello e sul dietro scende un fascio di nastri, anch'essi come quelli del Laké, ricevuti in prestito. Sul volto ha una Maschera dal lungo naso.

Il Bufon però si differenzia dal Laké per il suo carattere più licenzioso (Poppi, 1981).

E' interessante notare che in passato era presente il "Bel Bufon" ed il "Burt Bufon"; quest'ultimo aveva un costume meno attraente del primo e la maschera facciale era una versione grottesca di quella del "Bel Bufon".

Il contrasto tra queste Maschere era solo a livello visivo e non implicava un diverso comportamento22) (Poppi, 1983).

Come si vede da questa breve rassegna, nella zona presa in considerazione vi sono diverse figure carnevalesche che presentano analogie con il Laké ed il Matazìn di Comelico Superiore.

Si tratta di Maschere eleganti e raffinate: i costumi sono ottenuti quasi sempre con elementi dell'abbigliamento maschile e di quello femminile, risultando perlopiù vagamente ambigui. Accessori fondamentali risultano essere nastri, pizzi, scialli colorati.

Quasi sempre hanno cappelli molto vistosi, decorati con fiori, coccarde, penne, campanellini. Tali elementi però risultano essere caratteristici non solo della ristretta zona esaminata ma di un'area ben più vasta e che comprende tutti i Carnevali della cerchia alpina (Sordi, 1976: 29-30).

Queste Maschere sono caratterizzate da un comportamento gentile, elegante. Quasi sempre hanno anche compiti di responsabilità, agiscono come garanti del resto del Corteo, risultando pertanto figure mediatrici tra il pubblico non mascherato e le Maschere stesse.

Gli attori che impersonano tali Maschere, soprattutto in passato, risultano essere quasi sempre coscritti o altrimenti giovani celibi. Ciò conferma l'importanza che tale gruppo di età rivestiva nelle culture tradizionali.

Si é anche visto che le strutture carnevalesche esaminate, oltre a queste Maschere dai tratti gentili ed eleganti, sono caratterizzate dalla presenza di altre Maschere tipiche che si presentano come controparti delle prime.

Con le diversità proprie di ciascuna località queste Maschere si oppongono alle precedenti, ora solo per i tratti estetici, ora solo per il comportamento o per entrambi i caratteri. Risulta evidente, pertanto, come non solo nell'area nel suo complesso ma anche in ogni singola località, il Carnevale sia caratterizzato dalla presenza di Maschere "positive" e di Maschere "negative".

La struttura carnevalesca basata sulla contrapposizione di due tipi di Maschere, che si è visto in precedenza funzionare a livello di Maschere-comuni, esiste, dunque, anche a livello di queste altre Maschere che sono, in un certo senso, a sé stanti rispetto al resto del Corteo vero e proprio.

In questi Carnevali la struttura distingue e separa il "bello" dal "brutto", il "buono" dal "cattivo".

E' un sistema di organizzare le Maschere che ruota tra un polo positivo ed un polo negativo.

Questa conclusione porta ad una ulteriore riflessione sulla figura della Matazèra di Comelico Superiore. Si è visto che questo personaggio è nato recentemente e come la sua comparsa abbia modificato la struttura carnevalesca precedente.

Alla luce di quanto è emerso da questa fase comparativa risulta chiaramente come l'origine della Matazèra si inserisca in una tendenza largamente presente in altre strutture tradizionali23).

L'introduzione della Matazèra, pur con le caratteristiche particolari esaminate in precedenza, crea la controparte negativa del Matazìn di Comelico Superiore, così come altrove vi sono controparti di Maschere positive.

E' ancora interessante notare che Maschere con lo stesso nome possono avere in una località caratteri positivi e in altre località, spesso anche molto vicine, assumere caratteri completamente o parzialmente negati

Tutto ciò fa supporre che nell'area considerata vi sia una serie di funzioni e di caratteri estetici fondamentalmente uguali ed un numero limitato di personaggi24). In ciascuna località questi caratteri comuni si sono variamente sviluppati e modificati e diversamente ripartiti tra le Maschere creando così quella varietà che è emersa dal confronto; varietà che lascia, però, ancora intravedere l'unità di fondo.

 

NOTE

1.      Si è visto che a Comelico Superiore ora le "Coppie da vecchia" hanno il significato di rievocazione della realtà locale del passato.

2.      Tale fenomeno ricorda quello verificatosi a Comelico Superiore e che ha visto la scomparsa delle Maschere "da bella" in senso tradizionale.

3.      Il costume dei "ballerini" ricorda per molti versi quello delle Maschere-guida di Comelico Superiore.

4.      La produzione del rumore risulta essere una pratica molto importante e documentata in numerosissimi Carnevali.

5.      Le donne prestavano gli oggetti preziosi della propria dote.

6.      A Comelico, invece, la maschera rappresenta sempre un viso umano.

7.      Queste Maschere ricordano, per alcuni versi, i tratti della figura dell'Uomo Selvatico.

8.      Vedi nota precedente.

9.      Tra l'altro questi personaggi partecipavano ai matrimoni che si svolgevamo nel periodo di Carnevale.

10.  I due gruppi di Silvester Klause sembrano rappresentare rispettivamente il mondo del bene e del male o anche il mondo umano e quello della vegetazione.

11.  L'Uomo Selvatico è una figura mitica tra l'umano, il selvaggio ed il divino largamente e variamente presente nella maggior parte delle culture. Su questo argomento è stata recentemente allestita una mostra a cura del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma.

12.  Ricordo che il Corteo era quasi ovunque composto esclusivamente da uomini.

13.  Le ragazze erano invitate personalmente dal Matòcio che andava in ogni casa per chiedere il permesso ai genitori.

14.  Quasi sempre il comportamento dei mascherati è garantito da una Maschera che si prende la responsabilità (il Matazìn in Val di Fiemme e a Comelico; la Sigurtà a Schignano; ecc.).

15.  Per questo argomento vedi anche Funzione e Struttura.

16.  Anche il Bufon era impersonato da un coscritto.

17.  Il "Banderal" è una tra le manifestazioni più caratteristiche e tradizionali della cultura fiammazza. Cfr. Felicetti, L.,"La festa del banderal a Carano in Val di Fiemme", in Pro Cultura, II, 1911, pp. 273-275 e Prati, A., Folclore Trentino, Venezia, 1905, pp. 161-170.

18.  Il modo di disporre tali oggetti ricorda molto quello di Comelico Superiore (Cfr. Baiocco, 1980: 224).

19Toschi ricorda che fin dal XVI sec. gli Zanni erano assimilati ai mattaccini (1976: 211).

20.  Ad esempio i pizzi, i nastri, i fiocchi applicati sui vestiti, il copricapo ed il bastone adorno di nastri. Alcuni di questi elementi sono tuttavia accessori molto ricorrenti nei costumi dei Carnevali dell'intero arco alpino e vanno inquadrati quindi in un contesto più ampio.

21.  La ''Baschia'' è una forma drammatica di usi nuziali dello "sbarramento". Per la presenza dell'Arlecchino nella "Baschia" cfr. Poppi, 1983: 155-160.

22.  Questo contrasto presenta delle analogie con il contrasto Matazìn-Matazèra presente a Comelico Superiore.

23.  Si può anche ipotizzare che a Comelico, in passato, prima della Matazèra vi fosse una Maschera che riassumesse in sé caratteri negati Per il momento, però, dalla ricerca non è emersa una tale presenza.

24.  A tal proposito può essere interessante riportare l'opinione di Toschi circa il legame tra la figura del mattaccino e lo Zanni e tra lo Zanni e la Maschera dell'Arlecchino precedente la Commedia dell'arte. Si tratterebbe di figure legate tra loro in quanto Maschere carnevalesche di origine infernale e di carattere burlesco insieme (Toschi, 1976: 210).